CECILIA RAVERA ONETO
pittore
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Camogli 3 gennaio 1918 - Genova 27 ottobre 2002
Uno dei più importanti pittori del Ventesimo Secolo in Liguria
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La casa / studio dell'artista
A primavera il glicine dal tronco fortissimo, attorcigliato alla cancellata come un serpente scorticato, esplode nella sua fioritura e i grappoli attirano nuvole di insetti. Quando i fiori cadono producono un suono sordo e mormido, un pfuaff attenuato. Il blu-viola dei glicini, come un tappeto, copre allora il cortiletto triangolare ancora invaso dalle foglie dell'altro anno. E da qui, superato un cancelletto che, opponendo una minima resistenza produce un cigolio simile a un sospiro, si entra in casa di Cecilia. Sulla targhetta il nome è più autenticamente ufficiale: Cecilia Ravera Oneto, Pittore. Di solito il piccolo portone che dà sul giardino è arrembato, quando lei naturalmente aspetta la visita annunciata. Lascia socchiuso perchè il televisore acceso a diecimila decibel che - dice- le riempe la solitudine, anche vieta di sentir bussare. Perciò, quando si varca l'uscio di casa, di solito Cecilia non c'è. Dall'androne il visitatore è costretto a gridare forte il suo nome, una, due volte. Con un gorgheggio lei risponde da lontano, chissà da dove, perduta in qualche piano della casa. Mi sono sempre chiesto cosa stia combinando in quegli attimi, forse una estrema aggiustatina formale al "rinfresco", che non manca mai. Conosco da ormai molti anni questa piccola cerimonia. Se così non fosse mi sentirei fuori posto, soprattutto mi mancherebbe. Mentre l'affettuosa confidenza mi autorizzerebbe a oltrepassare l'altro uscio - quello interno fatto a fisarmonica, che separa l'ingresso dal resto della casa - aspetto.
Sto lì un po' per ritegno ottocentesco e un po' per il segreto gioco che faccio con me stesso: mi piace sentir Cecilia franare giù dalle scale. Questa è l'immagine che la mente crea mentre si aspetta che lei venga ad accogliere. Non si riesce a capire, fragile quale appare, come riesca a far sobrillare la casa mentre scende. Tra lo scalpiccio e le esclamazioni di gioia si slavina in basso. Poi apre. Ed è lei, precisa, ricercata in qualche vezzo di abbigliamento, senza nessuna traccia dell'immaginato capitombolo, ostinata a scusarsi - tre parole dopo i saluti - per il disordine che si troverà ai piani superiori. E' difficile darsi ragione del perchè si adonti di quello: è una vita che cerca attenuanti per giustificare la sua baraonda come se fosse un'eccezionalità momentanea: per lei, ne sono certo, una delle più imperturbabili normalità. La casa di Cecilia è un lago di pittura, non soltanto per i quadri affastellati da per tutto, che è naturale per un pittore, ma perchè "tutto" è dipinto: anche il telefono dal filo ammatassato emulsiona ditate di colore, giallo soprattutto. Giallo, il colore della solarità. ... Nel mio immaginario, la casa di Cecilia è uno dei luoghi della pittura. ... La casa di Cecilia è viva, una alluvione di dipinti, un posto dove la tellurica forza dell'esistente continua a dare segnali attraverso il colore... ...
GIUSEPPE MARCENARO -1995- dalla MONOGRAFIA PUBBLICATA in occasione della MOSTRA PRESSO L'ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI GENOVA- DE FERRARI EDITORE
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Il glicine come corpo che si rivela
Né selvaggia nè esasperatamente romantica anche se, cercata nell'imperiosa necessità del momento espressivo assoluto, appare incline ad una irruenza schiumante e matericamente insaziabile di umori cromatici, la pittura di Cecilia Ravera Oneto sta vivendo il suo grande momento, che è quello della conquista del sublime, della visione incarnata in una sorte di felice dialettica dell'ebbrezza.
Prima di ravvisarli quali "glicini", di scorgere, nella fluidità del segno che trova nella tela la propria
definizione, uno stato di natura bloccato in quell'oggettualità ferma che rimanda alla rete dei nessi visualistici e psicologici, mi pare che i "soggetti" o i "temi" abbiano qui, in questa mostra un grande respiro, anzitutto e immediatamente rilevabile, l'ostensione del corpo prodotto dal fare pittura per reificare ogni gesto vitale e la forza originaria della violenza espressiva.
GERMANO BERINGHELI- presentazione della mostra del 1989 alla Galleria Rrotta di Genova
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